lunedì 11 luglio 2011

Compatibilità ed altri animali

"...invece del cumino, aggiungi un po' di zenzero"

"lo zenzero nelle polpette? non ci va lo zenzero con la carne. La nonna non ce lo metteva mai! E' sbagliato mettere lo zenzero nelle polpette"

"ricordati una cosa: quando cucini, se vuoi sorprendere, ogni tanto devi fare degli errori"


Questo breve dialogo - citato a memoria - sull'uso delle spezie è tratto dal film greco-turco "Un tocco di zenzero"; una vicenda ambientata durante il periodo dei dissidi fra Grecia e Turchia per la questione di Cipro, affrontata da un punto di vista prevalentemente gastronomico.
Bene, un post deve iniziare in qualche modo e adesso possiamo dire che è iniziato; anche se è un inizio che non ha molto a che vedere con l'argomento che volevo trattare: in comune c'è però il concetto di interdisciplinarietà.
Cucina e storia politica: due materie molto diverse ma evidentemente compatibili; come possono esserlo l'alpinismo e l'algebra, o la pesca d'altura e la filatelia; nulla vieta a priori che tali argomenti possano essere trattati nello stesso contesto o addirittura praticati contemporaneamente.
Però qui entriamo nel vivo del problema: cosa succede quando le due (o più, perchè no) discipline sono sospette di possibile incompatibilità? Nel mio caso, un piccolo dramma interiore, una specie di blocco psicologico, di cui ho deciso di parlare.
"Who cares?" si chiederà qualche lettore dotato di aplomb britannico; "e chi se ne fotte" esclamerà invece qualche altro di indole più istintiva. Non importa; ormai il post è partito; e aggiungo: non solo è un post multidisciplinare (oltre che multimediale), ma anche pluriblogghistico, e forse anche transpiattaformico. Tant'è vero che continua QUI.

domenica 10 luglio 2011

Girano chiacchiere su Schrödinger

E' da poco uscito su Nada un post (questo) rielaborazione di una chat fra El Gloria ed il sottoscritto, nella quale si sono toccati alcuni argomenti che prendevano le mosse, alla fin fine, dall'irrisolto caso del gatto di Schrödinger.
Mi stavo chiedendo se era il caso di produrre una traduzione del post in italiano per proporlo anche da questa parte dell'Atlantico, quando l'idea di mettermi a tradurre mi ha fatto sorgere un dubbio di quelli che ogni tanto mi vengono, e di cui vado orgoglioso. Ed è questo:
Come chattano i francesi? E soprattutto, come chattano i francesi quando l'argomento è il gatto? Dato che, non parlo francese, ma, come tanti, so che il gatto i francesi lo chiamano chat. 
Non bollate come superficiale questa domanda. Il problema è che i francesi il francese lo parlano abitualmente, e, alcuni, piuttosto bene. Sapendo quanto essi siano ritrosi ad utilizzare termini stranieri (ed in questo caso si crea un conflitto forse imbarazzante), ho fatto una breve ricerca in rete ed ho scoperto qui che effettivamente il problema se lo sono posto anche loro, istituendo una commissione apposita, che opera all'interno dei ministeri. L'articolo è del marzo 2010, e non sono in possesso di notizie sugli sviluppi successivi della questione. Dello stesso periodo è anche questo articolo dal quale apprendo che i tedeschi, invece, hanno tendenza ad usare termini anglofoni che nemmeni gli inglesi usano.
Comunque per i tedeschi gatto si dice Katze. Però se devono dire c'erano quattro gatti dicono es waren nur wenige da che tradotto in italiano significa solo pochi erano lì. Questo è proprio avere il gusto della parafrasi.