Vero – falso sono due caselle vuote.
In una si metterà una croce che affermerà o negherà un enunciato.
Si usa generalmente negli esami.
Senza caselle stampate e senza croci si userà tutto il tempo finché vivi.
Un educatore mente per vedere se il suo studente gli mente.
Non gli chiede che gli getti delle certezze, con una domanda alla quale la risposta farà onore e la chiuderà in un tutto, con il coraggio e l'onestà di chi si sottomette al sapere coscienzioso; piuttosto lo inizia ai labirinti del rischio e lo tenta alla bugia non enunciata, non creata, non sussurrante e confusa, per coprirsi del suo stato di dubbio eterno.
La cosa sincera del metodo è che benché tutti, compreso il maestro, sappiamo che la consegna corretta è dire sempre la verità, il maestro mente a volte e crede di farlo per una causa nobilíssima: comprovare che l'insegnamento offerto è stato ben ricevuto.
Para intercettare il vantaggio che danno le statistiche che sempre nel loro destino di giustizia tenderanno al fifty-fifty, l'astuto maestro penalizza la risposta erronea con una doppia mancanza.
In qualche modo rende coercitivo il gioco d'azzardo e lo demoralizza, facendo credere allo studente che sarà meglio confessare di non sapere, piuttosto del coraggio animale dell'ambarabà ciccì coccò, con cui scegliere dove mettere la x.
Ignora così per un istante che troppo tentatore è il sapore del caso, del peccato e dell'adrenalina e che ce lo portiamo dalla nascita.
Appare un esame di questi in qualunque momento a chiunque di noi.
Arrivata la maledetta prova per Galileo
scoprì la sua passione per la moretta in quell'istante, ma decise per la casella pericolosa di non lasciare la Principessa.
Sommergendola così più nel tradimento anestetizzato della bugia a rate, che nell'angoscia dolorosa della verità in contanti.
Si credette capace di sopportarlo e di nasconderlo ma Morales e Cortez apparvero goffamente facendo rumore, scalciando delle lattine.
Confessò per metterli a tacere.
Le x saltavano nelle caselle e si torcevano dalle risate.
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