In una scena successiva sto finendo di scrivere la suite: una cosa ispirata a A Love Supreme però costituita da Preludio, Improvvisazione su Madrigale, Tango e Fuga.
Mi vedo poi il giorno del compleanno del Re sul palco predisposto di fronte al trono e alla tribuna dei dignitari; fra le grida entusiastiche del pubblico ci sto dando dentro col mio sax contralto, il pianista butta qui e là degli accordi discreti, il bassista è potente e incisivo, sento alle mie spalle la batteria che incalza, ma comincia a incalzare un pò troppo, il tempo diventa insostenibile, perdo il controllo della situazione, il volume del rullante e della grancassa diventano sempre più forti, mi sveglio per il fracasso.
Fatto sta che, prima di accorgermi che si trattava dei battenti esterni della finestra della stanza da letto, che, chiusi male, venivano agitati dal vento, mi vedo che dò la mano a Art Blakey alla fine del concerto e mi dice: "pare che ci rivedremo per la cresima del nipote del Re, sembra ci sarà un altro concerto".
Questo è un sunto, il sogno completo lo pubblicherò un'altra volta. Se non credo nei segni del destino, figuriamoci nei sogni premonitori.
A questo punto però il ricordo della famosa foto è riaffiorato.
Un paio di giorni dopo, acceso il fuoco nel caminetto, vedo quel numero di Musica Jazz e comincio a sfogliarlo in poltrona.
Per farla breve, finisco sulla tradizionale recensione della stampa estera di G.M.Maletto e apprendo che sul sito online di DownBeat vengono pubblicate articoli ed interviste storiche; fra queste, intervista ad Art Blakey.
Parentesi.
Al ritorno a Roma mi accorgo di non avere più con me la rivista, pur sapendo con certezza di averla messa in valigia. Se essermela ritrovata inaspettatamente poteva essere una incitazione del destino ad approfondire, il fatto che sia probabilmente rimasta nelle Marche, come lo devo interpretare? Ad ogni modo, non avendo più a disposizione il testo, andrò a memoria cercando di essere preciso (*).
Chiusa la parentesi.
Maletto riporta un brano nel quale Art parla di una conversazione col sassofonista Don Byas, nella quale lo redarguiva per il suo stile di vita autodistruttivo; tra l'altro Art dice che Don Byas aveva passato i sessanta anni, a quell'epoca. Qui c'è qualcosa che non va nel suo ricordo, dato che Byas, nato nel 1912, morì nel 1972. Diciamo che poteva aver passato i cinquanta. Comunque: dove avviene questo dialogo fra i due musicisti? seduti in certi giardini a Milano.
La foto della cresima non l'ho ancora trovata.
(*) Non è però la memoria la mia dote più evidente. Se qualche visitatore casuale e jazzofilo avesse la rivista in questione, potrebbe essere così gentile da confermare o correggere ciò che ho scritto?
(continua)
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